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M.T. NEL GIORNALE DEL POPOLO (4)

«È per La Libertà dei cristiani che doniamo la nostra vita»

(…) Nel 1929 la richiesta giunge formalmente ai canonici svizzeri, che ri¬spondono inviando, due loro canoni¬ci ad esplorare la regione dello Yunnan e studiare la fattibilità de! progetto. Nel 1936 questa primo gruppo di pionieri svizzeri, lancia un s.o.s: c’è bisogno di aiuto. Invocano l’invio di nuovi mis¬sionari. È l’occasione che Maurice aspettava, pur non avendo ancora pre¬so i voti e nonostante alcuni proble¬mi di salute derivatagli da un’ulcera al duodeno, il 24 febbraio in compagnia del canonico Lattion e del frate Nestor Rouiller, Maurice salpa dal porto di Marsiglia con rotta verso la Cina. viaggio dura due mesi e mezzo. Porto-Said, Gibuti, Colombo, Singapore, Saigon, Hanoi: sfilano davanti agli oc-chi del giovane contadine di La Rosière che fino ad allora aveva lasciato le sue montagne solo per recarsi in pel¬legrinaggio a Lourdes…

E sarà solo l’inizio. L’inizio di uno stupore che non tarderà a mutarsi in innamoramento per quei picchi nati quarantacinque milioni di anni fa, dal¬la collisione tra l’India e il colosso ci¬nese, per quelle valli fonde erose da fiumi impetuosi, per quell’altopiano conteso da sempre tra Cina e Tibet e per la gente che vi vive in condizioni
medievali, sotto l’influenza di un bud¬dismo totalitario che non tallera la convivenza con alcun altra religione. Maurice e i suoi compagni si stabili¬scono a Weise, un villaggio posto a 2350 metri di altitudine, in una vallet¬ta un po’ discosta, a nord-ovest della provincia dello Yunnan, con più o me- no duemilacinquecento abitanti, di cui un centinaio cristiani.

Maurice si butta a capofitto nella nttova esperienza. Avvicina gli indigeni (eccolo dopo qualche tempo vestire alla loro maniera e fumare la tradi¬zionale pipa dal lungo bocchino); la¬vora la terra, alleva bestiame, impara la lingua (in un arma impara più di set¬temila caratteri); insegna ai bambin!, si occupa del Probandato (la scuola preparatoria al piccolo seminario); cura la gente, studia, medita, prega. E quando e corne puù segue i layon dell’ospizio che sta nascendo tra mil¬le difficoltà, a Latsa, a quattro giorni di marcia a dorso di mulo. Nel ’38, due anni dopo il suo arriva nel continente asiatico, viene ordinato prett noi.

Seguono anni difficili. MentrE ropa la guerra impone un dolo lenzio tra i missionari e la ma tria, anche in Tibet la situai drammatica. Carestie, brigan epidemie, persecuzioni che cu no nel 1940 con l’uccisione dr dei “lama” di padre Nussbaum, dote a Yerkalo, costellano il qui no prodigarsi dei missionari ini terra difficile. Ne! 1945 muore bre tifoide anche padre Burdin, dato a sostituire padre Nussba Yerkalo. Lavamposto rimane n mente, drammaticamente scopi colmare il vuoto ci pensera Mi Tornay. E’ lucido. Conosce la ma logia del posto, ma parte. E segu il lungo sentiero accidentato ripe re idealmente il cammino dei I martiri di questa prima parrocchi tolica fondata nel 1865. Da quest ta la presenza dei missionari si è pre scontrata con il furore dei larn sua presenza, sin da subito è inv; capo-lama Gun-Akio. Ne! 194611 rice deve lasciare per la prima va mission, dopo che questa è stata cheggiata e distrutta dalle sue tria, Non sarà né la prima né l’ultima

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Maurice Tournay è stato beatificato da Giovanni Paolo II, il 16 maggio del 1993.
Titolo:” beato Maurice Tornay, un uomo sedotto da Dio” – Autore: Claire Marquis-Oggier e Jacques Darbellay – Edizioni: Editions du Grand-Saint¬Bernard, Martigny 1993
w in pane aa Ingegneri svizzeri ed è una vera e propria opera d’arte. Dopo 21 ore, arrivano a destinazio-ne. Da li verso Talin, dove sanno tro – varsi una vecchia cattedrale. La cercano per tutto un giorno, aiutando – si con i gesti. Solo alla sera una vec
dalla/mima di Catholica
«È per la tibertà dei cristiani che doniamo la nostra vita»


(…) Ne! 1929 la richiesta giunge for¬malmente ai canonici svizzeri, che ri¬spondono inviando, due loro canoni¬ci ad esplorare la regione delloYunnan e studiare la fattibilità del progetto. Nel 1936 questa primo gruppo di pionie¬ri svizzeri, lancia un s.o.s: c’è bisogno di aiuto. Invocano l’invio di nuovi mis¬sionari. È l’occasione che Maurice aspettava, pur non avendo ancora pre¬so i voti e nonostante alcuni proble¬mi di salute derivatagli da un’ulcera al duodeno, i124 febbraio in compagnia del canonico Lattion e del frate Nestor Rouiller, Maurice salpa dal porto di Marsiglia con rotta verso la Cina. viaggio dura due mesi e mezzo. Por¬to-Said, Gibuti, Colombo, Singapore, Saigon, Hanoi: sfilano davanti agli oc-


del giovane contadino di La Rosière che fino ad allora aveva lasciato le ale montagne solo per recarsi in pel¬egrinaggio a Lourdes…
sarà solo l’inizio. L’inizio di uno stu¬’ore che non tarderà a mutatsi in in¬amoramento per quai picchi nad uarantacinque milioni di anni fa, dal¬collisione tra l’India e il colosso ci¬ese, per quelle valli fonde erose da urni impetuosi, per quell’altopiano mteso da sempre tra Cina e Tibet e e la gente che vi vive in condi7ioni
medievali, sotto l’influenza di un bud¬dismo totalitario che non tallera la convivenza con alcun allia religione. Maurice e i suoi compagni si stabili¬scono a Weise, un villaggio posto a 2350 metri di altitudine, in una vallet¬ta un po’ discosta, a nord-ovest della provincia delloYunnan, con più o me- no duemilacinquecento abitanti, di cui un centinaio cristiani.

Maurice si butta a capofitto nella nuova esperienza. Avvicina gli indige¬ni (eccolo dopo qualche tempo vestire alla lora maniera e fumare la tradi¬zionale pipa dal lungo bocchino); la¬vora la terra, alleva bestiame, impara la lingua (in un arma impara più di set¬temila caratteri); insegna ai bambini, si occupa del Probandato (la scuola preparatoria al piccolo seminario); cu¬ra la gente, studia, medita, prega. E quando e corne pua segue i layon dell’ ospizio che sta nascendo tra mil¬le difficoltà, a Latsa, a quattro giomi di marcia a dorso di mulo. Nel ’38, due anni dopo il suo arriva nel continente asiatico, viene ordinato prete ad Hanoi.

Seguono anni difficili. Mentre in Europa la guerra impone un doloroso si¬lenzio tra i missionari e la madrepa¬tria, anche in Tibet la situazione è drammatica. Carestie, brigantaggio, epidemie, persecuzioni che culmina- no nel 1940 con l’uccisione da parte dei “lama” di padre Nussbaum, sacer¬dote a Yerkalo, costellano il quotidia¬no prodigarsi dei missionari in questa terra difficile. Nel 1945 muore di febbre tifoide anche padre Burdin, mandato a sostituire padre Nussbaum, a Yerkalo. Eavamposto rimane nuovamente, drammaticamente scoperto. A cohnare il vuoto ci penserà Maurice Tornay. E’ lucido. Conosce la martirologia del posto, ma parte.

E seguendo il lungo sentiere accidentato ripercorre idealmente il cammino dei primi martiri di questa prima parrocchia cat¬tolica fondata nel 1865. Da questa da¬ta la presenza dei missionari si è sem¬pre scontrata con il furore dei lama. La sua presenza, sin da subito è invisa al capo-lama Gun-Akio. Nel 1946 Mau¬rice deve lasciare per la prima volta la missione, dopo che questa è stata sac¬cheggiata e distrutta dalle sue truppe. Non sarà né la prima né l’ultima volta. Ma Maurice non cesserà di farci ritorno. Pensando ai suoi fedeli e ai rischi che questi quotidianamente corrono per il solo fatto di dichiararsi cristiani. Eultima volta sarà il 11 agosto del 1949, quando mescolato ad una carovana cercherà di riguadagnare in incognito il tenitorio tibetano dopo un momentaneo, forzato esilio in Cina. Verrà ucciso insieme al suo servitore a sangue freddo. Un colpo per uno. A pochi chilometri dalla meta.

La sera prima, mentre la carovana era tutta raccolta intorno al fuoco, aveva detto: «Non dovete aver paura, se ci ammazzano, andremo direttamente tutti in Paradiso. È per i cristiani che moriamo».

Il 16 maggio del1993, Maurice Tornay è stato beatificato da Giovanni Paolo II. (c.z)

dmc