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VENTIDUE ANNI TRA I LEBBROSI DEL TIBET (estratti)

Nelle prime ore del pomeriggio, improvvisamente la valle si apre; corne una visione ci appare Tatsienlu, ora Kang-ting.

La città di Tatsienlu, a 2596 metri sul mare, giace sepolta al fondo della valle al confluire di due torrenti, il Tar e il Tsen. Altre montagne la fiancheggiano, sicchè il sole la illumina solo per cinque o sei ore al giorno. Numerose valli vi sboccano intorno e la riempiono di suc- ni e di vapori.

Nei tempi passati non era difficile vedere in questa città sulla frontiera cino-tibetana, i tipi tibetani dell’Ima¬laia e del Koconor, i Ngolosekas del Nord, i turchestani ed i Lolo del Taleangsan. Tutti venivano per le carova¬ niere che avevano attraversato il «Tetto del mondo» e le montagne e i ghiacciai, portando i prodotti dei loro paesi tappetti, lana, pelli, musai°, ossa lavorate, legni ed erbe medicinali o aromatiche, oro e argento; ed ac¬quistavano tela, seta, cotone, the, tabacco, oppio ed altri generi. tutto questo ora non è che un ricordo di tem¬pi lontani che i vecchi cinesi e tibetani ricorclano con nostalgia.

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IL LEBBROSARIO DI MOSIMIEN (estratti)

Ai priori di febbraio 1930 erano pronti a partire i due Padri Placido e Barnaba Lafond e i due fratelli Laici F. Pasquale Nadal e F. Giueppe Andreatta. Partirono il 5 febbraio da Hankow con a capo

il P. Placido Albiero su una nave inglese fino a Ichang, poi su una giapponese molto piccola e scomoda fino a Chungkin. . .

Ouesto concetto che andô formandosi sul capo del P. Placido ritornerà deeisivo sui tappeto, quando, dopa un anno di riposo in. Italia, verrà ritornare in Cina. Il Vicario Apostolico di Hankow avvertirà allora il Ministro Generale che lo considera « indesiderato ” (e corne tale verrà pure definito anche il P. Prosdocimo Martini) e poiché d’altra parte il Ministro Generale non ha specifiche accuse contro di lui, « buon religioso », troverà corne unira soluzione la de¬cisione di mandarlo al Tibet in qualità di Superiore del lebbrosario di Otangtse-MosimienElia, Padre, è stato sempre sincero con me, ed io mi sforzerà di esserlo sempre con lei. Ella aveva ragione di dire che si chiamava a Roma il P. Placido allo scopo di evitare un conflitto con i Supe¬riori di Hankow e per non dare a lui che almeno qua si è sempre climostrato bison religioso, una mortificazione col non rimandarlo in Missione. Per quanto docilissirno, il P. Placido rinunziava a malincuore alla sua vocazione niissionaria, ed allora il Rev.mo Padre Generale lo ha destinato Superiore d’una nuova Missione che andiamo ad aprire al Thibet con un Lebbrosario.

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P.EPIFANIO PEGORARO – IL CORAZZIERE MARTIRE


Frate – Missionario – Martire: tre parole che mettono i brividi. Non appartengono al vocabolario della natura, ma a quello della grazia.

Frate! Un uomo che rinnega il mondo, ne rifiuta le promesse, rinuncia alla vita: la vita corne la concepiscono tutti gli altri. Insomma, un uomo finito.

Missionario! È presto detto. Ma significa: strappo violenta da quanto si ha di più caro al mondo: la famiglia, il padre, la madre, la Patria ! Significa: condanna volontaria a un perenne totale sacrificio, lentamente consumato, senza testimoni, senza conforti… olocausto ignorato, reso spesso spasmodico da disillusioni più amare dei fiele, da abbandoni clic stringono, il cuore in mortali agonie!

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MAURICE TORNAY in GIORNALE DES POPOLO (2)

In alto Blandine    no ci ha mostrato il luogo dove è se
Cipolla                  sulla polto. E i nostri “sorveglianti” cine
tomba del             si ci hanno scattato le foto davanti
beato. A tato un   alla tomba!».
indigeno che        Il viaggio era durato 4 settimane. In
stringe il               tutto la famiglia Cipolla aveva per-
santino di             corso con le loro biciclette, in treno
Tornay. Nella        e a piedi circa 200 chilometri, apren
foto centrale la     do la strada a nuove spedizioni. La
Famiglia Cipolla   prossima solo un anno dopa, in oc
a Yerkalo.             casione del cinquantesimo anni
                             versario della morte del beato, awe-nuta l’Il agosto del 1949.

LA BIOGRAFIA IN BREVE

Un missionario eroico

Maurice Tornay nasce a La Rosière, piccolo frazione di Orsières in Vallese, il 31 agosto del 1910. È il pen ultimo di otto figli. La sua famiglia, di origine modesta, è dedita all’agricoltura. Nell’ottobre del 1925 entra al collegio dell’Abbazia di Saint-Maurice, gestito dai Canonici regolari di Sant’Agostino. Alretà di 21 anni, nel 1931, chiede e ottiene di entrare corne novizio nella congregazione dei Canonici del Gran San Bernardo. Concluso il noviziato emettei primi voti. Net 1935 fa la professione solenne e un anno dopo, prima ancora di aver terminato gli studi, parte per la Cina che raggiunge dopo un mese di viaggio. Il 24 aprile del 1938 viene ordinato sacerdote ad Hanoi e celebra la sua prima messa a Siao-Weisi. Dopo tre mesi di permanenza gli viene affidata la formazione degli allievi del seminario di Houa-lo-Pa, un incarico che portera avanti per sette anni. Nel 1945 viene nominato parroco di Yerkalo, solitario avamposto missionario in Tibet, terra adora in preda ad una violenta persecuzione anticristiana. Esputso a più riprese dai lama locali, viene infine ucciso in territorio cinese insieme al suo domestico Doci, mentre sta tentando di rientrare in Tibet. È 11 agosto del 1949. I due corpi senza vita furono, in un primo momento, trasportati e sepolti nel giardino della missione di Atuntze e poi trasferiti nella missione di Yerkalo, dove sono tutt’ora venerati. Maurice Tournay è stato beatificato da Giovanni Paolo II, il 16 maggio del 1993.

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TORNAY MAURICE NEL GIORNALE DEL POPOLO (1)

«É per la libertà dei cristiani che doniamo la nostra vita»

Finisce il 11 agosto del 1949, sul colle di Choula, a 4000 metri sul livello del mare, l’avventura del giovane Maurice Tornay, canonico del Gran San Bernardo, missionario in Cina e in Tibet negli Anni ’40 del secolo scorso. Finisce con un’imboscata fatale e due colpi di futile sparati a bruciapelo dai “lama” locali: uno per il suo servitore, Doci, e l’altro per lui.

Ma forse per Maurice Tornay, penultimo di otto figli di una famiglia di contadini vallesana, più che di una fine, si è trattato di un inizio. L’inizio di quell’avventura celeste che sin da piccolo lo ha sedotto e Io ha portato dapprima a diventare religioso e poi a partire per la lontana Cina, da cul sin da sempre ebbe la premonizione, che non sarebbe tornato più.

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M.T. NEL GIORNALE DEL POPOLO (3)

Un’avventura estiva nei luoghi d o r
el beat

La famiglia Cipolla decide di dedicare le vacanze estive per un lungo pellegrinaggio fino a Yerkalo. Sette anni fa il primo viaggio sulla tomba del loro compaesano, per ritornare l’anno successivo in occasione dei 50 anni dalla morte del beato.

Nel 1998, un anno prima del cin- chia signora che ha compreso il si¬quantesimo anniversario dal marti- gnificato del segno della croce, li ac¬rio di Maurice Tornay, una famiglia compagna ad una stupenda chiesa,
vallesana -padre, madre e quattro fi- nascosta tra le case, in un cortile in
gli tra i nove e sedici anni – decide terno. All’intemo della chiesa, c’è un
di andare in Tibet sulle sue tracte. vecchio in preghiera. «Da dove ven¬L’idea nasce allorchè un nipote del te?» chiede. «Dal paese di Maurice beato, anch’egli corne zio, cano- Tornay» risponde Daniel Cipolla. nico del Gran San Bernardo, incon- «Il mio maestro», dite l’uomo in tra la famiglia dell’avvocato Daniel francese, chinando rispettosamen¬Cipolla nella loro parrocchia di Mar- te il capo. Era un vecchio allievo del tigny-Bourg, di cui il religioso diven- ta responsabile. Attraverso quest’ul- timo avviene anche l’incontro con un anziano religioso, sempre del Gran San Bernando, anch’egli mis- sionario in Cina. I racconti del nipo- te di Tornay da una parte, i ricordi del missionario dall’altro accendo- no la curiosità e la voglia da parte della famiglia Cipolla, di seguirne concretamente le tracte sin sul tet- to del mondo.

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M.T. NEL GIORNALE DEL POPOLO (4)

«È per La Libertà dei cristiani che doniamo la nostra vita»

(…) Nel 1929 la richiesta giunge formalmente ai canonici svizzeri, che ri¬spondono inviando, due loro canoni¬ci ad esplorare la regione dello Yunnan e studiare la fattibilità de! progetto. Nel 1936 questa primo gruppo di pionieri svizzeri, lancia un s.o.s: c’è bisogno di aiuto. Invocano l’invio di nuovi mis¬sionari. È l’occasione che Maurice aspettava, pur non avendo ancora pre¬so i voti e nonostante alcuni proble¬mi di salute derivatagli da un’ulcera al duodeno, il 24 febbraio in compagnia del canonico Lattion e del frate Nestor Rouiller, Maurice salpa dal porto di Marsiglia con rotta verso la Cina. viaggio dura due mesi e mezzo. Porto-Said, Gibuti, Colombo, Singapore, Saigon, Hanoi: sfilano davanti agli oc-chi del giovane contadine di La Rosière che fino ad allora aveva lasciato le sue montagne solo per recarsi in pel¬legrinaggio a Lourdes…

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M.T. – GIORNALE DES POPOLO (3)

Un’avventura estiva in Tibet  nei luoghi del beato Tornay

La famiglia Cipolla decide di dedicare le vacanze estive per un lungo pellegrinaggio fino a Yerkalo.
Sette anni fa il primo viaggio sulla tomba del loro an ompaeso, per ritornare l’anno successivo in ccasione dei 50 anni dalla morte del beato. (CORINNE ZAUGG)

Nel 1998, un anno prima del cinquantesimo anniversario dal martirio di Maurice Tornay, una famiglia valesana – padre, madre e quattro figli tra i nove e i sedici anni – decide di andare in Tibet sulle sue tracce. L’idea nasce allorchè un nipote del beato, anch’egli come lo zio, canonico del Gran San Bernardo, incontra la famiglia dell’avvocato Daniel Cipolla nella loro parrocchia di Martigny-Bourg, di cui il religioso diventa responsabile. Attraverso quest’ultimo avviene anche l’incontro con un anziano religioso, sempre del Gran San Bernando, anch’egli missionario in Cina. I racconti del nipote di Tornay da una parte, i ricordi del missionario dall’altro accendono la curiosità e la voglia da parte della famiglia Cipolla, di seguirne concretamente le tracce sin sul tetto del mondo.

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M.T. – GIORNALE DEL POPOLO (2)

È per la libertà dei cristiani che doniamo la nostra vita

(…) Nel 1929 la richiesta giunge formalmente ai canonici svizzeri, che rispondono inviando, due loro canonici ad esplorare la regione delloYunnan studiare la fattibilità del progetto. Nel 1936 questo primo gruppo di pionieri svizzeri, lancia un s.o.s: c’è bisogno di aiuto. Invocano l’invio di nuovi missionari. È l’occasione che Maurice spettava, pur non avendo ancora preso i voti e nonostante alcuni problemi di salute derivatagli da un’ulcera al luodeno, il 24 febbraio in compagnia del canonico Lattion e del frate Nestor Rouiller, Maurice salpa dal porto di darsiglia con rotta verso la Cina. Il viaggio dura due mesi e mezzo. Porto-Said, Gibuti, Colombo, Singapore, Saigon, Hanoi: sfilano davanti agli occhi del giovane contadino di La Rosière che fino ad allora aveva lasciato le sue montagne solo per recarsi in pellegrinaggio a Lourdes…

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M.T. – GIORNALE DEL POPOLO (1)

«È per la libertà dei cristiani che doniamo la nostra vita»

Finisce l’ 11 agosto del 1949, sul colle di Choula, a 4000 metri sul livello del mare, l’avventura del giovane Maurice Tornay, canonico del Gran San Bernardo, missiona-rio in Cina e in Tibet negli Anni ’40 del secolo scorso. Finisce con un’imboscata fatale e due colpi di facile sparati a bruciapelo dai “lama” local!: uno per il suo servitore, Doci, e l’altro per lui.

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