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TORNAY MAURICE NEL GIORNALE DEL POPOLO (1)

«É per la libertà dei cristiani che doniamo la nostra vita»

Finisce il 11 agosto del 1949, sul colle di Choula, a 4000 metri sul livello del mare, l’avventura del giovane Maurice Tornay, canonico del Gran San Bernardo, missionario in Cina e in Tibet negli Anni ’40 del secolo scorso. Finisce con un’imboscata fatale e due colpi di futile sparati a bruciapelo dai “lama” locali: uno per il suo servitore, Doci, e l’altro per lui.

Ma forse per Maurice Tornay, penultimo di otto figli di una famiglia di contadini vallesana, più che di una fine, si è trattato di un inizio. L’inizio di quell’avventura celeste che sin da piccolo lo ha sedotto e Io ha portato dapprima a diventare religioso e poi a partire per la lontana Cina, da cul sin da sempre ebbe la premonizione, che non sarebbe tornato più.

Dalle lettere che numerose, durante la sua breve vita, scrisse ai suoi familiari, si evincono le due grandi aspirazioni di Maurice: da un lato la volontà concreta e ferma di santificarsi, l’altra quella di partire in missione. Col tempo, dentro di lui, questi due sogni diventeranno un unico progetto e la partènza per la Cina, il terreno dove metterli in atto entrambi.

Gli inizi dell’evangelizazione della regione a cavallo della frontiera sino-tibetana la si deve ai missionari delle Missions Etrangères de Paris (MEP), istituto fondato nel 1600 e votato soprattutto all’evangelizzazione dell’Asia. I primi missionari a raggiungere gli altipiani del Tibet, furono infatti due francesi che partiti dall’India, cercavano di raggiungere la Cina.

Li, sui tetto del mondo, su quella terra sospesa tra i 4000 e i 4500 metri tra cielo e terra, decisero perà di fermarsi ed iniziare la loro missione. Si dovrà comunque aspettare fino al 1856 affinché venisse edificata la prima chiesa in Tibet. Con il passare degli anni i missionari avvertirono anche l’esigenza di poter disporre, in mezzo a quelle piste pericolose, irt cima a quei colle spazzati dal vento gelido e ricoperti per quasi tutto l’arco dell’anno dalla neve, di un luogo di accoglienza, di un ospizio, proprio corne quel¬lo colle del Gran San Bernardo, per offrire riparo e ristoro ai molli carovanieri e viaggiatori di passaggio.

Un’avventura estiva in Tibet nei luoghi del beato Tornay

La famiglia Cipolla decide di dedicare le vacanze estive per un lungo pellegrinaggio fino a Yerkalo. Sette anni fa il primo viaggio sulla tomba del loro compaesano, per ritornare l’anno successivo in occasione dei 50 anni dalla morte del beato.

Nel 1998, un anno prima del cinquantesimo anniversario del martrio di Maurice Tornay una famiglia vallesana – padre, madre e quattro figli, tra i nove e i sedici anni – decide di andare in Tibet sulle sue tracce. L’idea nasce allorchè un nipote del beato.anch’egli come lo zio canonico del Gran San Bernardo incontra la famiglia dell’avvocato Daniel Cipolla nella loro parocchia di Martigny-Bourg di cui il religoso diventa responsabile. Attraverso quest’ultimo avviene anche l’incontro con un anziano religioso, sempre del San Bernardo, anch’egli missionario in Cina. I racconti del nipote Tornay da una parte, i ricordi del missionario dall’altro accendono la curiosità e la voglia da parte della famiglia Cipolla,

Decidono di partire durante le vacanze estive. Si rendono conto che sarà facile. Per i loro amici si tratta di una pazzia. Partono comunque con al seguito sei biciclette come copertura: se fermati e richiesti loro intenzioni, avrebbero det essere in Cina per mettere a punto un circuito di mountain bike.

Il punto di partenza del loro viaggio è lo stesso di Maurice Tornay: Hanoi. Punto di arrivo di arrivo Yerkalo, dove il beato parroco e dove oggi è sepolto. Le prime tappe in Vietnam trascorranno senza problemi. Questi iniziano con il passaggio in terra cinese. Tutti i cartelli indicatori sono in cinese. Loro non sanno una parola di cinese. Gli abitanti locali non communicano che nella loro lingua.

Ma la provvidenza sembra accompagnarli: incontrano un australiano che parla cinese e inglese che li aiuta a comperare i biglietti del treno per Kunming.

L’impressionante rete ferroviaria che attraversa oltre  un centinaio di ponti, è stato realizzato in parte da ingenieri svizzeri ed è una vera e propria opera d’arte. Dopo 21 ore, arrivano a destinazione.

Da lì verso Dali, dove sanno trovarsi una vecchia cattedrale. La cercano per tutto un giorno, aiutando con igesti. Solo alla sera una vecchia signora che ha compreso il significato del segno della croce, li accompagna ad una stupenda chiesa, nascota tra le case. Al intorno della chiesa, c’è un vecchio in preghiera. ” Da dove venite?” Dal paese di Maurice Tornay” risponde Daniel Cipolla. Il mio maestro”, dice l’uomo in francese, chinando rispettosamente il capo.

Era un vecchio allievo del beato. Non aveva potuto diventare prete. Era stato in prigione per 22 anni e poi il Regime lo avevo costretto a sposarsi. Insieme a lui c’era anche un giovane prete. Nel 2004 vi sarebbero stati ben 22 seminaristi!

ll viaggio porta la famiglia Cipolla a LiJiang, stupenda città patrimonio dell’umanità dell’Unesco. «Da qui, ci hanno detto, che non potevamo più continuare» racconta Daniel Cipoila, «ma di nuovo la Provvidenza ci ha dato una mano facendoci incontrare un giovane che conosceva l’inglese,  e il cinese che ci ha accompagnato nel giro della burocrazia per farci rilasciare il lascia¬passare per Yerkalo. E alla fine l’abbiamo spuntata, con la condizione di andarci accompagnati da due uomini del dipartimento e di non avere contatti né con preti né con nessun cristiano e di non scattare foto».

 «Quando siamo arrivati a Yerkalo» continua l’avvocato «abbiamo mostrato una foto del beato e subito ci hanno aperto la chiesa e il sacrestano ci ha mostrato il luogo dove è sepolto. E i nostri “sorveglianti” cinesi ci hanno scattato le foto davanti alla tomba”.

Il viaggio era durato 4 settimane. In tuuto la famiglia Cipolla aveva percurso con le loro biciclete, in treno e a piedi 200 chilometri, aprendo la strada a nuove spedizioni. La prossima solo un anno dopo, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte del beato, avvenuta l’11 agosto del 1949.

di CORINNE ZAUGG in Giornale del popolo – quotidiano delle svizzera italiana del sabato 12 agosto 2006

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